Il decreto fiscale ripropone la rottamazione delle liti fiscali. In particolare, sono definibili in via agevolata le controversie che, alla data di entrata in vigore della norma, sono pendenti in ogni stato e grado di giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, oppure in pendenza del termine di impugnazione della sentenza o per la riassunzione della controversia. Peraltro, rispetto alla precedente versione, la nuova rottamazione presenta alcuni vantaggi: ad esempio, in caso di pronuncia non definitiva favorevole al contribuente, l’importo per definire la controversia viene ridotto. Inoltre, l’importo dovuto può essere pagato in forma rateale, in un numero massimo di rate più elevato.
L’art. 2 dello schema di decreto legge fiscale di accompagnamento della Manovra finanziaria per il 2019 ripropone la possibilità di
definizione agevolata delle
controversie tributarie, cioè quelle “attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle Entrate”, già prevista dall’art. 11 del
D.L. n. 50/2017 (si rinvia, quindi, ai chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la
circolare n. 22/E del 28 luglio 2017 e
23/E del 25 settembre 2017).
Sono definibili le controversie che, alla data di entrata in vigore del decreto legge, sono pendenti in ogni stato e grado di giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, oppure in pendenza del termine di impugnazione della sentenza o per la riassunzione della controversia.
Controversie definibili
L’art. 11 della Manovra correttiva 2017 si applicava alle controversie tributarie il cui ricorso era stato notificato alla controparte entro il 24 giugno 2017. La norma in esame estende l’ambito temporale di applicazione “alle controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro il 30 settembre 2018” e per le quali alla data della presentazione della domanda il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva (comma 4).
Il D.L. fiscale, quindi:
– riapre la possibilità di definire le controversie già rientranti nell’ambito del citato art. 11;
– estende la definizione alle controversie instaurate (con notifica del ricorso) dal 25 giugno 2017 al 30 settembre 2018 (purché pendenti alla data di entrata in vigore del decreto legge), sempreché il rapporto non sia esaurito alla data di presentazione della domanda di definizione.
Secondo la
circolare n. 22/E/2017, sono inoltre da considerarsi esauriti e, come tali,
esclusidalla definizione in esame, i rapporti per i quali, alla data di presentazione della domanda, si sia già
perfezionata la
mediazione tributaria ovvero la
conciliazione giudiziale.
Rispetto alla precedente versione, la nuova definizione presenta i seguenti vantaggi:
1) in caso di pronuncia non definitiva favorevole al contribuente, l’importo per definire la controversia viene ridotto (al 50% o a 1/3);
2) l’importo dovuto può essere pagato in forma rateale, fino ad un massimo di 5 rate (l’art. 11 prevedeva massimo 3 rate).

Controverse escluse
Non possono formare oggetto di definizione le controversie tributarie concernenti anche solo in parte (comma 5):
a) le risorse proprie tradizionali (ad esempio, dazi) e l’IVA riscossa all’importazione (sono, invece, definibili le controversie in materia di IVA, diversa da quella riscossa all’importazione);
b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato.
Ambito soggettivo
Le controversie tributarie possono essere definite dal soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione (comma 1).
La definizione perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri, inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente (in ogni caso, la norma stabilisce che la definizione non può dar luogo alla restituzione di somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa) (comma 12).
Somme dovute
La controversia può essere definita con il pagamento (anche rateale) di un importo pari al valore della stessa (comma 1).
Per valore della controversia si intende:
– l’importo del tributo, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato;
– in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.
A differenza di quanto prevedeva l’art. 11, D.L. n. 50/2017, nel caso in cui alla data di presentazione della domanda di definizione vi sia stata soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare resa, sul merito ovvero sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, le controversie possono essere definite con il pagamento (comma 2):
– del 50% del valore in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;
– di 1/3 del valore in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.
Per quanto riguarda le controversie relative esclusivamente agli interessi di mora o alle sanzioni “non collegate al tributo”, queste possono essere definite con il pagamento del 15% del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, resa alla medesima data, e con il pagamento del 40% negli altri casi (comma 3).
Ad esempio
1) Accertamento di una maggiore imposta di 100, sanzioni di 100 e interessi di mora di 10, pendente in primo grado:
la controversia può essere definita con il pagamento di 100.
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2) Accertamento di una maggiore imposta di 100, sanzioni di 100 e interessi di mora di 10, pendente in secondo grado. La sentenza di primo grado ha respinto il ricorso del contribuente:
la controversia può essere definita con il pagamento di 100.
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3) Accertamento di una maggiore imposta di 100, sanzioni di 100 e interessi di mora di 10, pendente in secondo grado. La sentenza di primo grado ha ridotto l’accertamento a 70 (sanzioni di 70 e interessi di 7):
la controversia può essere definita con il pagamento di 50 (50% del valore della controversia).
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4) Accertamento di una maggiore imposta di 100, sanzioni di 100 e interessi di mora di 10, pendente in Cassazione. La sentenza di secondo grado ha ridotto l’accertamento a 70 (sanzioni di 70 e interessi di 7):
la controversia può essere definita con il pagamento di 33 (1/3 del valore della controversia).
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Dagli importi dovuti si scomputano quelli eventualmente già versati in pendenza di giudizio. La norma precisa che la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione (comma 8).
Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima dell’entrata in vigore del presente articolo.

Istanza di definizione e versamenti: termini
L’istanza di definizione deve essere presentata “entro il 16 maggio 2019” (comma 7).
Per ciascuna controversia autonoma deve essere presentata una distinta domanda di definizione (esente dall’imposta di bollo) e deve essere effettuato un distinto versamento.
Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato.
Il termine per il pagamento delle somme dovute o della prima rata scade il 16 maggio 2019 (comma 6) (entro tale data, quindi, deve essere presentata sia l’istanza sia effettuato il pagamento).
La norma precisa che le controversie definibili non sono sospese, “salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni” (comma 9).
In tal caso, il processo è sospeso fino al 10 giugno 2019. Se entro tale data il contribuente avrà depositato copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2019.
Attenzione
Per coloro che intendessero definire la controversia è consigliabile presentare, appena il decreto legge sarà in vigore, una apposita richiesta al giudice dichiarando di volersi avvalere della definizione, in modo tale da ottenere la sospensione del processo fino al 10 giugno 2019.
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La sospensione per il giudice competente rappresenta un atto dovuto e deve essere concessa sulla base della mera richiesta “di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo”.
Se entro il 10 giugno il contribuente non deposita l’istanza di definizione ovvero il modello di versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo riprende. Altrimenti, continua a restare sospeso fino al 31 dicembre 2019.
Allo stesso modo, il contribuente che avesse ottenuto una sentenza favorevole in primo grado ed è in attesa dell’appello, presentando la richiesta al giudice otterrebbe la cristallizzazione della situazione e, quindi, la possibilità di definire con la riduzione dell’importo dovuto.
In ogni caso, per le controversie definibili sono sospesi per 9 mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dalla data di entrata in vigore del decreto legge fino al 16 maggio 2019, senza necessità di alcuna istanza (comma 10).
Diniego della definizione
L’eventuale diniego della definizione deve essere notificato entro il 31 ottobre 2019, con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali (comma 11).
Il diniego è impugnabile entro 60 giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia.
Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro 60 giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine.
Il processo si estingue in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2019 dalla parte che ne ha interesse.
L’impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione. Le spese del processo estintorestano a carico della parte che le ha anticipate.
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