CASSAZIONE ORDINANZA DEL 13 FEBBRAIO 2019: CASI DI AVVISO DI ACCERTAMENTO NULLO PER RELATIONEM

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CASSAZIONE ORDINANZA DEL 13 FEBBRAIO 2019: CASI DI AVVISO DI ACCERTAMENTO NULLO PER RELATIONEM

ORDINANZA N. 4176 DEL 13 FEBBRAIO 2019 : LA SUPREMA CORTE SI ESPRIME SULLA MOTIVAZIONE DELL’AVVISO DI ACCERTAMENTO ” PER RELATIONEM”

Ogni atto dell’Amministrazione finanziaria deve essere motivato e deve mettere il contribuente nelle condizioni non solo di comprendere le ragioni che sono poste alla base della pretesa fiscale ma anche di esercitare il pieno diritto di difesa laddove si ritiene opportuno contestare quell’atto impositivo.

Con ordinanza n. 4176 depositata il 13 febbraio 2019 la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente sul tema riguardante la motivazione degli atti tributari, ovvero di quegli elementi che l’Ufficio pone a supporto del recupero a tassazione, stabilendo il principio secondo cui la motivazione di un avviso accertamento non può essere integrata nel corso di un giudizio con documenti che non siano stati prima allegati all’atto notificato, stante la natura impugnatoria del processo tributario.

Più precisamente, la Cassazione ha ribadito un principio di diritto che è in linea con quanto già stabilito dal consolidato orientamento giurisprudenziale (Cassazione 6914/2011) secondo cui l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche “per relationem”, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale….” .

Tanto rilevato in sede di principio, i Giudici di Cassazione con l’ordinanza in commento hanno considerato illegittimo un avviso di accertamento perché rinviava a documenti non allegati all’atto impositivo né tantomeno riprodotti nel suo contenuto essenziale.

A riguardo, si rammenta che nel procedimento tributario la motivazione di un qualsiasi atto impositivo ha lo scopo non solo di delimitare l’ambito delle ragioni che l’Ufficio pone a supporto della propria tesi ma consente, altresì, al contribuente il pieno esercizio del diritto di difesa.

La giurisprudenza di legittimità, infatti, ha più volte ribadito che la motivazione dell’atto tributario costituisce lo strumento essenziale di garanzia del diritto di difesa del contribuente e, pertanto, nell’atto impositivo devono essere indicati tutti gli elementi che l’Ufficio pone alla base della pretesa fiscale. Questi elementi costituiscono i confini del processo tributario stante la natura impugnatoria, (il processo prende avvio proprio con l’impugnazione dell’ atto impositivo) per cui l’Amministrazione finanziaria non può integrare le proprie ragioni dopo che l’atto sia stato impugnato in Commissione tributaria o addirittura in corso di giudizio, questo perchè la difesa del ricorrente si è limitata esclusivamente a contestare quanto illustrato nella motivazione originaria dell’atto tributario a lui notificato, con la conseguenza che il giudice è vincolato a decidere solo sugli elementi desumibili dall’atto impugnato. Infatti, anche se il giudice può qualificare autonomamente la pretesa fiscale dell’Ufficio, è vincolato dagli elementi esposti nella motivazione dell’atto originario, non potendo alterare il contenuto dell’accertamento, oggetto di contestazione, con l’integrazione di documenti o dossier forniti dall’ufficio in corso di giudizio.

A sostegno di quanto sopra esposto, si fa presente che l’articolo 7 della Legge n. 212/2000 (Statuto del Contribuente) ha fatto propria la nozione di motivazione dell’atto tributario secondo cui: “Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”.

Tale norma, quindi, è chiarissima nello stabilire che se la motivazione di un avviso di accertamento fa riferimento ad un altro atto questo deve essere necessariamente allegato all’atto che lo richiama.

Questo perché la motivazione dell’atto tributario è finalizzata a far comprendere non solo le ragioni di diritto ma anche i presupposti di fatto e soprattutto i passaggi logici che hanno condotto l’Amministrazione a stabilire quella determinata pretesa fiscale inclusi, quindi, tutti quei documenti che l’Ufficio ha preso in considerazione garantendo al contribuente il pieno e immediato esercizio del diritto di difesa.

Da ciò, si comprende la necessità che l’atto tributario deve essere correlato a monte di tutti i suoi elementi essenziali per renderlo idoneo a svolgere la funzione cui è destinato e per delimitare i confini entro cui svolgere l’eventuale lite tributaria. Pertanto, “le motivazioni dell’atto impugnato non possono essere integrate successivamente nel corso del giudizio atteso che in questo modo risulterebbe compromesso il diritto di difesa del contribuente che non potrebbe più contestare i nuovi elementi forniti dall’Ufficio, tramite dossier o documenti non allegati all’originario atto impugnato, in quanto ne giunge a conoscenza solo in un momento successivo all’istaurazione del giudizio tributario”. Infatti, se così fosse, verrebbe meno il meccanismo e la ratio del processo tributario che è imperniato sull’impugnazione del provvedimento impositivo originariamente notificato al contribuente.

La Suprema Corte con ordinanza n. 4176 depositata il 13 febbraio 2019 accoglieva il ricorso presentato dall’erede del de cuius e rilevava che “l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, oppure che gli atti richiamati siano già legalmente ed integralmente conosciuti dal contribuente”.

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