
Cass n. 3039/2019: Ici e Imu, rendita catastale applicabile solo dopo la notifica
La recente ordinanza della Corte di cassazione n. 3039/2019 ha ribadito la necessità della notifica della rendita catastale, messa in atti dal 1° gennaio 2000, per la sua applicabilità nel calcolo dell’Ici. Evidenziando il diverso trattamento a seconda se la data di «messa in atti» sia precedente o successiva al 1° gennaio 2000.
La rendita catastale nell’Ici e nell’Imu
Nell’imposta comunale sugli immobili (Ici), ma anche nell’Imu, la base imponibile dei fabbricati è data dalla rendita vigente in Catasto il ° gennaio dell’anno di imposizione (articolo 5, comma 2, Dlgs 504/1992 e articolo 13, comma 4, del Dl 201/2011).
Nel caso in cui un fabbricato subisca una modificazione della rendita catastale, per cause non dovute a modificazioni della consistenza o della destinazione dello stesso, l’efficacia della nuova rendita è disciplinata dall’articolo 74 della legge 342/2000, il quale distingue a seconda che la rendita catastale sia stata messa in atti, vale a dire inserita nelle risultanze catastali, prima del 1° gennaio 2000 o da tale data.
Infatti, per le rendite messe in atti prima, il comma 3 dell’articolo 5 consente di utilizzare la rendita, ai fini Ici (e quindi anche Imu), sin dalla sua messa in atti, anche se non notificata al contribuente. Anzi, la conoscenza legale della stessa può avvenire anche direttamente per il tramite dell’atto impositivo del Comune, come per esempio l’avviso di accertamento, con il quale si richiede il versamento dell’imposta. In tale ipotesi, il contribuente ha facoltà di impugnare la rendita entro 60 giorni dal notifica dell’avviso di accertamento. La retroattività del recupero del tributo è assicurata dalla legge, senza però applicazione di sanzioni e interessi.
Diversa è la regola per le rendite messe in atti dal 1° gennaio 2000. La rendita è efficace solo dalla sua rituale notificazione da parte dell’agenzia delle entrate.
L’efficacia delle rendita
Proprio in quest’ultimo caso si è aperta in passato una rilevante discussione tra chi sosteneva che la norma precludesse la possibilità di qualsiasi recupero del tributo per il periodo precedente al 1° gennaio dell’anno successivo a quello della notifica e chi, invece, riteneva che la notifica della rendita avesse una mera efficacia dichiarativa.
La Corte di cassazione, con diverse pronunce (n. 20775/2005, n. 9203/2007, n. 25390/2008, n. 23627/2008 e n. 12029/2009), ha affermato che la rendita catastale diventa efficace solo dopo la sua notifica, ma che tuttavia da quel momento diviene possibile il recupero del tributo arretrato, a partire dalla sua messa in atti. In altre parole, non occorre confondere l’efficacia della rendita con la sua applicabilità. Prima della notifica l’ente non può utilizzare la rendita per il conteggio dell’imposta, mentre non appena questa si è realizzata l’ente recupera il tributo dovuto anche per le annualità passate. Il tutto senza applicazione di sanzioni e interessi, considerando comunque che al 1° gennaio di ogni anno di riferimento il contribuente non era a conoscenza legale della rendita (ordinanza n. 16823/2017).
Rendite e doc.fa
Nel caso in cui la rendita catastale sia stata proposta dal contribuente, secondo la procedura doc.fa ormai in uso da anni, l’agenzia delle Entrate deve provvedere all’esame della rendita proposta e alla sua eventuale rettifica entro il termine di 12 mesi. Termine tuttavia ordinatorio (Cassazione, ordinanza n. 3057/2018).
Nel periodo di vigenza della rendita proposta il contribuente è tenuto a versare l’imposta sulla base della rendita proposta. Tuttavia, non appena intervenga la notifica dell’eventuale rettifica della rendita anzidetta effettuata dall’agenzia delle Entrate, la nuova rendita diviene efficace, rendendola utilizzabile anche per i periodi precedenti alla notifica stessa fino alla data di presentazione della rendita proposta da parte del contribuente (che dovrebbe corrispondere con l’avvenuta ultimazione o modifica dell’immobile). Anche se la rettifica è avvenuta nei dodici mesi successivi. Il tutto ovviamente rispettando il termine di decadenza per il recupero del tributo, fissato dall’articolo 1, comma 161, della legge 296/2006 nel 31 dicembre del 5°anno successivo a quello in cui il tributo è stato o avrebbe dovuto essere versato ovvero a quello in cui la dichiarazione è stata o avrebbe dovuto essere presentata.
Rammentando, infine, che nel caso di variazione della rendita catastale operata dall’agenzia delle Entrate non sussiste alcun obbligo dichiarativo in capo al contribuente.