La sentenza n. 28331, depositata il 7 novembre 2018, della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Bruschetta, Rel. Nonno) si occupa del principio di personalità della sanzione tributaria. Il riferimento è alla figura dell’amministratore di fatto di una società di capitali al quale era stata comminata la sanzione amministrativa in solido, per le violazioni tributarie della società.

Al riguardo la Corte ricorda che, secondo un proprio orientamento a cui si ritiene di dare continuità, «le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società o enti con personalità giuridica, ex art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 (conv. con modif. in I. n. 326 del 2003), sono esclusivamente a carico della persona giuridica anche quando sia gestita da un amministratore di fatto, non potendosi fondare un eventuale concorso di quest’ultimo nella violazione fiscale sul disposto di cui all’art. 9 del d.lgs. n. 472 del 1997, che non può costituire deroga al predetto art. 7, ad esso successivo, che invece prevede l’applicabilità delle disposizioni del d.lgs. n. 472 ma solo in quanto compatibili»(Cass. n. 25284 del 25/10/2017).

 

Ed, infatti, «l’amministratore di fatto di una società alla quale sia riferibile il rapporto fiscale ne risponde direttamente qualora le violazioni siano contestate o le sanzioni irrogate antecedentemente alla data di entrata in vigore del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, stante la disposizione di diritto transitorio di cui all’art. 7, comma 2, del menzionato decreto e la disciplina precedentemente vigente dettata dagli articoli 3, comma 2, e 11 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472» (Cass. n. 9122 del 23/04/2014).

A tale principio va posto un limite, secondo la Corte, solo in caso di artificiosa costituzione a fini illeciti della società di capitali, potendo allora le sanzioni amministrative tributarie essere irrogate «nei confronti della persona fisica che ha beneficiato materialmente delle violazioni contestate. In tal caso, la persona fisica che ha agito per conto della società è, nel contempo, trasgressore e contribuente, e la persona giuridica è una mera fictio, creata nell’esclusivo interesse della persona fisica. Non opera pertanto l’art. 7 del D.L. n. 269/2003, secondo cui nel caso di rapporti fiscali facenti capo a persone giuridiche le sanzioni possono essere irrogate nei soli confronti dell’ente, in quanto detta norma “intende regolamentare le ipotesi in cui vi sia una differenza tra trasgressore e contribuente, e, in particolare, l’ipotesi di un amministratore di una persona giuridica che, in forza del proprio mandato, compie violazioni nell’interesse della persona giuridica medesima” (19716/13)» (così, in motivazione, Cass. n. 5924 del 08/03/2017, che richiama Cass. n. 19716 del 28/08/2013).

Nel caso specifico le sanzioni erano state contestate, nei due avvisi da cui è scaturita la controversia, sia alla società che all’amministratore di fatto. Secondo la Corte allora, applicando al caso di specie la regola della riferibilità esclusiva alle persone giuridiche delle sanzioni amministrative tributarie, introdotta dall’art. 7, comma 1, del d.l. n. 269 del 2003, l’amministratore di fatto della s.r.l., non può ritenersi solidalmente responsabile delle sanzioni comminate alla società. Né l’Agenzia delle entrate ha provato di avere posto alla CTR la questione della fittizietà della società, che sarebbe stata creata nell’esclusivo interesse del ricorrente: tale questione non è stata affrontata dal giudice di merito, né risulta dal contesto del ricorso che l’Ufficio l’abbia dedotta nelle sue difese.

Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate viene pertanto respinto.