
CHIUSURA LITI: CALCOLO IMPOSTE AL NETTO DEGLI ANNULLAMENTI
CHIUSURA LITI: CALCOLO IMPOSTE AL NETTO DEGLI ANNULLAMENTI
Gli importi annullati in autotutela sono esclusi dal calcolo delle somme da pagare.
Chiudere la lite o continuare il contenzioso. È questo il problema di molti contribuenti in lite con il Fisco. Per la determinazione delle somme da pagare per chiudere la lite pendente, possono avere un peso rilevante gli annullamenti fatti dall’ufficio, in autotutela o a seguito di proposte di mediazione o di conciliazione. In questo caso, il valore della lite va determinato al netto degli importi annullati in autotutela, di quelli definiti a seguito di conciliazione o mediazione ai quali non ha poi fatto seguito la definizione totale della controversia.
Le liti definibili
La norma sulla definizione agevolata delle liti tributarie si applica alle controversie il cui ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte, cioè all’ufficio dell’agenzia delle Entrate, entro il 24 ottobre 2018, e per le quali alla data della presentazione della domanda il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva, cioè passata in giudicato (articolo 6 “definizione agevolata delle controversie tributarie”, decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119, in vigore il 24 ottobre 2018).
Il valore della lite
Di norma, il valore della lite è pari alla somma delle maggiori imposte accertate, al netto degli interessi, dei contributi Inps e delle sanzioni. Ad esempio, in caso di accertamento con richiesta di imposte per 80mila euro, sanzioni 96mila euro, contributi Inps per 18mila euro, e interessi per 25mila euro, in totale 219mila euro, il valore della lite è pari a 80mila euro. In caso di liti relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore della controversia è costituito dalla somma delle sanzioni.
Gli sconti in caso di sentenze favorevoli
In caso di soccombenza dell’agenzia delle Entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata entro il 24 ottobre 2018, le controversie possono essere definite con il pagamento:
a) della metà del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;
b) di un quinto del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.
Le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del 15% del valore della controversia in caso di soccombenza dell’agenzia delle Entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata entro il 24 ottobre 2018, e con il pagamento del 40% negli altri casi. In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione. Nei casi di sentenze di primo o secondo grado, con soccombenza parziale, le predette misure si applicano limitatamente alla parte del valore della lite in cui l’agenzia delle Entrate è risultata soccombente. Ad esempio, nel caso di una lite con imposte accertate pari a complessivi 80mila euro, in presenza di una sentenza di primo grado, che ha accolto parzialmente il ricorso del contribuente, riducendo la pretesa del Fisco, in termini di imposte, da 80mila euro a 40mila euro, il contribuente dovrà pagare complessivamente 60mila euro, di cui 40mila euro per la parte confermata dai giudici di primo grado e 20mila euro, pari cioè alla metà del valore della controversia in cui è risultata soccombente l’agenzia delle Entrate. Nei casi di sentenza della Cassazione con rinvio, la lite si considera pendente in primo grado senza decisione.
Valore lite al netto degli annullamenti
Il valore della lite va determinato al netto di eventuali importi annullati in sede di autotutela parziale, di quelli definiti a seguito di conciliazione o mediazione che non abbiano definito per intero la lite, ovvero per i quali si sia formato un giudicato interno sfavorevole all’ufficio. La parte della controversia sulla quale si è formato il giudicato interno, sfavorevole all’Amministrazione finanziaria, deve considerarsi non più pendente. Allo stesso modo, qualora l’ufficio, in esercizio del potere di autotutela, abbia annullato parzialmente l’atto impugnato, deve ritenersi non più pendente la parte del rapporto controverso oggetto di annullamento (circolare 22/E del 28 luglio 2017, paragrafo 4 “determinazione degli importi dovuti”). Per l’agenzia delle Entrate, «anche in tal caso la parte di provvedimento impugnato annullata ex tunc non concorre alla determinazione del valore della lite, essendo stata rimossa al riguardo ogni ragione di contrasto» (circolare 17/E del 21 marzo 2003).
Valutazione costi – benefici da fare caso per caso
Di norma, in caso di accertamento con imposte, contributi Inps, sanzioni e interessi, i benefici per i contribuenti sono costituiti dall’abbandono delle sanzioni, dei contributi e degli interessi di mora. Si “azzerano” anche gli interessi maturati negli anni dopo i 60 giorni successivi alla notifica dell’atto impugnato e gli eventuali compensi di riscossione chiesti con le cartelle, se non già pagati a seguito di riscossione in pendenza di giudizio. La valutazione va fatta caso per caso, tenendo conto dell’incertezza del contenzioso e delle spese che deve sostenere il contribuente.
Un esempio preso dal vero
L’esempio che segue riguarda un contribuente al quale l’ufficio, a seguito di riesame dell’atto in autotutela, ha rideterminato gli importi dovuti.
In base all’atto di accertamento, gli importi chiesti dall’ufficio, per l’anno 2009, sono i seguenti:
Irpef 56.206,00 euro;
addizionale regionale Irpef 2.052,00 euro;
addizionale comunale Irpef 733,00 euro;
sanzioni 70.789,20 euro;
contributi Inps 14.500,00 euro;
complessivamente 144.280,20 euro.
A seguito del provvedimento di autotutela parziale, gli importi rimasti in “contestazione” sono i seguenti:
Irpef28.987,00 euro;
addizionale regionale Irpef 1.166,00 euro;
addizionale comunale Irpef416,00 euro;
sanzioni 36.682,80 euro;
contributi Inps 7.500,00 euro;
complessivamente 74.751,80 euro.
Nel caso in esame, il valore della lite, al netto degli annullamenti, è pari al totale delle imposte rimaste in contestazione, di 30.569,00 euro (28.987,00 euro, più 1.166,00 euro, più 416,00 euro). Tenuto conto che non c’è stata alcuna sentenza dei giudici tributari, e il contribuente non ha pagato nulla in pendenza di giudizio, per la definizione agevolata, è dovuto il predetto importo di 30.569,00 euro.
Primo o unico versamento al 31 maggio 2019
La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata entro il 31 maggio 2019. È stabilito che nei casi in cui gli importi dovuti superano mille euro è ammesso il pagamento rateale, in un massimo di venti rate trimestrali. Il termine di pagamento delle rate successive alla prima (da pagare entro il 31 maggio 2019), scade il 31 agosto, 30 novembre, 28 febbraio e 31 maggio di ciascun anno a partire dal 2019. Sulle rate successive alla prima, si applicano gli interessi legali dello 0,3 per cento annuo, calcolati dal 1° giugno 2019 alla data del versamento.