LA LEGGE C E’ MA MANCANO I MODELLI PER ACCEDERE ALLA CHIUSURA DELLA LITE

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LA LEGGE C E’ MA MANCANO I MODELLI PER ACCEDERE ALLA CHIUSURA DELLA LITE

Per evitare disparità di trattamento, si devono “neutralizzare” le sentenze negative della Cassazione depositate dopo il 24 ottobre 2018

La legge esiste, ma mancano i modelli per accedere alla chiusura delle liti pendenti. E’ un paradosso, ma è così. I contribuenti in lite con l’Agenzia delle Entrate, che hanno avuto sentenze favorevoli di primo o secondo grado, e che vogliono mettere la parola “fine” al contenzioso con il Fisco, non possono ancora avvalersi della chiusura delle liti pendenti. Il “problema” è che esiste la norma, articolo 6, del Decreto Legge 23 ottobre 2018, n. 119, ma manca la modulistica. Per evitare disparità di trattamento, è necessario consentire ai contribuenti, che intendono avvalersi della chiusura delle liti pendenti, di non considerare le sentenze negative depositate dopo il 24 ottobre 2018.

Per la chiusura, la lite deve essere pendente al 24 ottobre 2018
La norma prevede che, per avvalersi della definizione, è necessario che la lite sia pendente, anche a seguito di rinvio, al 24 ottobre 2018, data di entrata in vigore, e che, alla stessa data, il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado “sia stato notificato alla controparte”, cioè all’ufficio delle Entrate. Non è necessario che, entro il 24 ottobre 2018, vi sia stata anche la costituzione in giudizio. E’ importante che, “alla data di presentazione della domanda … il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva” (paragrafo 2, “pendenza della lite”, Circolare 22/E del 28 luglio 2017).

Sono esclusi dalla definizione agevolata:

  • i rapporti esauriti alla data del 24 ottobre 2018, in quanto già regolati da pronunce divenute definitive per mancata impugnazione, o già regolati da sentenze emesse dalla Cassazione, che non abbiano disposto il rinvio al Giudice di merito, cioè alla Commissione tributaria regionale;
  • i rapporti esauriti alla data di presentazione della domanda di definizione, a seguito di deposito di sentenza emessa dalla Cassazione, che non abbia disposto il rinvio al Giudice di merito.

Le somme dovute per chiudere la lite
In attesa delle modifiche che saranno apportate al provvedimento, che ridurranno gli importi dovuti, la norma attuale prevede che le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il valore della lite è pari alla somma delle maggiori imposte accertate, al netto degli interessi e delle sanzioni. In caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata entro il 24 ottobre 2018, le controversie possono essere definite, presentando la relativa domanda entro il 31 maggio 2019, con il pagamento:

  • a) della metà del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;
  • b) di un quinto del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.

Nei casi di sentenze di primo o secondo grado, con soccombenza parziale, le predette misure si applicano limitatamente alla parte del valore della lite in cui l’Agenzia delle Entrate è risultata soccombente.

Le riduzioni in arrivo
In base agli emendamenti approvati il 26 novembre 2018 dalla Commissione Finanze del Senato, le somme dovute per la definizione sono state ridotte in modo favorevole per i contribuenti. In particolare, le imposte sono dovute nella misura del:

  • 90%, in caso di ricorso in primo grado e senza sentenza;
  • 100%, in caso di sentenza di primo grado sfavorevole al contribuente;
  • 40%, in caso di sentenza di primo grado favorevole al contribuente;
  • 100%, in caso di sentenza di secondo grado sfavorevole al contribuente;
  • 15%, in caso di sentenza di secondo grado favorevole al contribuente;
  • 5%, in caso di sentenze di primo e secondo grado favorevoli al contribuente e ricorso in Cassazione;
  • 100%, in caso di sentenza di primo grado favorevole al contribuente, sentenza di secondo grado sfavorevole al contribuente e ricorso in Cassazione;
  • 15%, in caso di sentenza di primo grado sfavorevole al contribuente, sentenza di secondo grado favorevole al contribuente e ricorso in Cassazione.

In caso di controversie su sanzioni non collegate al tributo, gli importi dovuti sono pari a:

  • 40%, se non c’è sentenza;
  • 15%, con sentenza favorevole per il contribuente.

In caso di controversie su sanzioni collegate al tributo, se il tributo è definito, la lite si chiude senza alcun versamento.

L’assenza dei modelli ostacola la definizione
E’ chiaro che una sentenza della Cassazione, con pronuncia definitiva, depositata entro il 24 ottobre 2018, escluda l’accesso alla definizione. L’accesso, invece, non può essere negato al contribuente che, pur volendosi avvalere della definizione agevolata, in presenza di sentenza favorevole di secondo grado, non ha potuto aderirvi perché manca la modulistica, e che nel frattempo ha ricevuto o riceverà una sentenza negativa della Cassazione, con pronuncia definitiva, depositata dopo il 24 ottobre 2018. Non è pensabile che, per l’assenza della modulistica e non certo per colpa loro, questi contribuenti possano essere poi beffati da una Sentenza della Cassazione depositata dopo il 24 ottobre 2018.
La norma è entrata in vigore il 24 ottobre 2018 e chi intende aderire alla chiusura delle liti deve poter tenere conto delle sentenze favorevoli di secondo grado, depositate entro la predetta data, senza cioè considerare le sentenze negative della Cassazione, depositate dopo il 24 ottobre. Si spera in un rimedio del Legislatore, affinché apporti la necessaria correzione alla norma e così evitare ingiustificate disparità di trattamento.

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